Policoltura: proteggiamo insieme la biodiversità

“Chi lavora la Terra ha un compito sacro” M.P.

Policoltura MA-PI

L’agricoltura macrobiotica

In agricoltura la sfida della nostra epoca è quella di promuovere una agricoltura sostenibile che sappia svolgere un ruolo di tutela e valorizzazione dell’ambiente. L’agricoltura industriale ha prodotto agroecosistemi sempre più specializzati ed orientati alla monocoltura, con conseguente perdita di biodiversità e delle risorse genetiche tradizionali. Inoltre l’uso massiccio di fertilizzanti e di prodotti fitosanitari in campo agricolo ha causato ingenti  danni all’equilibrio del suolo, dell’acqua e della biodiversità.

Non stupisce se si legge che:  

A livello mondiale l’agricoltura è una delle principali fonti di emissioni di gas a effetto serra, tra cui anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) e rappresenta un driver importante per i cambiamenti climatici in atto. Un altro importante impatto dell’agricoltura sta emergendo prepotentemente ed è legato alle pressioni esercitate dal settore nel suo complesso sulla fauna responsabile dell’impollinazione delle piante” (Isprambiente)

Pertanto, garantire in agricoltura una gestione sostenibile delle risorse naturali rappresenta sempre di più una priorità strategica per una produzione di alta qualità.  

La policoltura
e l’equilibrio naturale

La Policoltura è un metodo agricolo  basato, principalmente, sulla riproduzione spontanea dei semi (ogni contadino dovrebbe lasciare per questo almeno un 10% dei suoi terreni) ed il recupero di antiche ed autoctone varietà di cereali, ortaggi, legumi, frutta, etc. Si coltiva senza prodotti chimici di sintesi, seminando i prodotti di stagione, in rotazione e consociazione fra di loro, circondati da siepi e sotto file di alberi autoctoni (distanti gli uni dagli altri dai 5 ai 10 metri, a seconda del tipo di terreno).

Questo sistema agricolo unifica le antiche tradizioni millenarie ai riferimenti scientifici di base più importanti, come il PH e la biodiversità dei suoli o lo studio delle biomasse. Partendo dalla tutela e osservazione delle piante spontanee soggette agli influssi delle costellazioni, è possibile individuare le piante selvatiche “indicatrici” che determineranno la scelta delle colture più idonee.

Un altro aspetto fondamentale, oltre al ciclo naturale delle piante da seminare (che siano esse cereali, legumi o ortaggi), è l’osservazione di tutta la vegetazione spontanea che ne precede, accompagna e segue la crescita.

Alcune ricerche scientifiche, come ad esempio quella condotta dall’Università Politecnica delle Marche  hanno dimostrato che la Policoltura rappresenta una soluzione concreta alle attuali emergenze ambientali, alimentari e sanitarie, in quanto incrementa le formazioni boschive, la riproduzione spontanea di Flora e Fauna, riduce di oltre il 90% il consumo di risorse rinnovabili (ossigeno, acqua, legno, etc.) e non rinnovabili (minerali, petrolio, etc). Inoltre, e se venisse adottata globalmente, darebbe la possibilità di soddisfare i fabbisogni nutritivi di una popolazione di gran lunga più numerosa rispetto a quella attuale, promuovendo un’alimentazione più sana.

  • Mancini, L. Food Habits and Environmental Impact: an Assessment of the Natural Resource Demand in Three Agri-Food Systems, Tesi di Dottorato, Università Politecnica delle Marche, 2010
  •  Mancini, L. Conventional, Organic and Polycultural Farming Practices: Material Intensity of Italian Crops and Foodstuffs. Resources 2013, 2, 628 – 650 (http://www.mdpi.com)

Un esempio di campo in transizione verso la Policoltura MA-PI

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