Mercoledì 2 marzo 2022
Marco Grondacci è consulente di diritto ambientale ed è da sempre impegnato nel trasmettere con passione le proprie conoscenze, contribuendo alla salvaguardia e alla tutela dell’ambiente e dei territori, in particolare di quello del golfo di La Spezia. Con lui abbiamo parlato di tutela ambientale da un punto di vista giuridico e normativo.
Il 7 febbraio scorso è stata approvata una riforma che, da una parte, ha inserito il tema della “tutela dell’ambiente” all’interno dell’Articolo 9 della Costituzione prevedendo la difesa de “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, dall’altra, nell’Articolo 41, ha sancito il principio secondo il quale l’economia non può recare danno anche “alla salute, all’ambiente” e dev’essere indirizzata “a fini sociali e ambientali”. Poiché siamo da tempo abituati a normative mirate a difendere l’ambiente ma che si scoprono inefficaci lungo il tempo, abbiamo chiesto a Marco Grondacci qual è la sua previsione nei confronti di questo cambiamento:
[…] è il punto culminante di un indirizzo che, sia a livello legislativo ma ancora di più della giurisprudenza della Corte costituzionale, si è affermato a partire dagli anni ‘80 in materia ambientale. Prima di allora la normativa ambientale tutelava l’ambiente in maniera indiretta, cioè tutelando altri beni, come la proprietà, le risorse suscettibili di utilizzo economico, pensiamo al pescato, ad esempio, […] ma mancava una visione sistemica.
Nel 1986, quando è stato istituito il Ministero dell’Ambiente,[1] ha continuato Grondacci, si è adottata questa visione sistemica che, per la prima volta, guardava all’ambiente come bene unitario e collettivo, e non come un semplice monumento estetico; a questa normativa hanno fatto seguito altre leggi ordinarie con l’obiettivo di applicare nel concreto il concetto di bene unitario. La visione, ora, è complessiva grazie anche all’introduzione delle nuove tutele: viene a chiudersi il cerchio del dibattito sull’ambiente iniziato negli anni ’80, e si chiude indicando una prospettiva positiva di cui vedremo le ricadute soltanto nel tempo e in cui la prassi amministrativa avrà la possibilità di intervenire nel concreto. “Però poi, alla fine, quello che conta è la competenza e la volontà di andare in una certa direzione”, ha aggiunto Grondacci.
Durante l’intervista si è anche parlato del nuovissimo decreto-legge del 28 Febbraio, che prevede la riapertura delle centrali elettriche alimentate a carbone: questa riapertura andrà di pari passo con l’aggravarsi del conflitto tra Russa e Ucraina che mette a serio rischio la fornitura di gas proveniente dal territorio russo.
“Credo che questo risultato sia il frutto dell’incapacità di tutti i governi: pur sapendo che abbiamo poche materie prime, non abbiamo lavorato per diversificare gli Stati da cui il gas arriva, siamo molto vincolati alla Russia e ad altri pochi Paesi. Questo è il primo problema; il secondo è che non abbiamo sviluppato in maniera adeguata le energie rinnovabili. […] Sembra un decreto-legge inevitabile.”
Questo provvedimento porta con sé, però, un grande pericolo: gli impianti che funzionano a carbone sono molto obsoleti e molto inquinanti e il decreto prevede che non verranno applicati i limiti di emissione previsti dal piano nazionale o dal singolo impianto, bensì quelli della comunità europea, che rispetto ai limiti italiani sono meno rigorosi.
L’inefficienza degli impianti è un problema che riguarda anche gli stabilimenti per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, l’altro tema toccato nell’intervento di Grondacci. Dal rapporto ISPRA,[2] che raccoglie i dati sulla raccolta e gestione dei rifiuti urbani, emerge che l’Italia vive una realtà disomogenea per quanto riguarda la raccolta differenziata, con punti di eccellenza per alcune città e situazioni critiche per intere regioni. I problemi sono molti e sono alla base di un’incapacità di gestire con efficienza l’intera questione dei rifiuti: alla non-diffusione della raccolta differenziata si somma la mancanza di impianti che la recuperino e riciclino adeguatamente; alle difficoltà legate ai rifiuti industriali speciali si aggiungono le semplificazioni normative, che rimuovono dalle liste dei rifiuti i materiali che, comunque, non cessano di essere rifiuti. “La mia esperienza mi insegna che spesso e volentieri dietro a questa semplificazione ci sguazzano la malavita organizzata e gli ecofurbi, e si produce inquinamento sui territori”.
Concentrandosi sull’esperienza di lavoro di Grondacci, nel corso dell’intervista abbiamo parlato anche degli allevamenti intensivi, in Pianura Padana e nella regione Marche. Tra i dati esposti, quello più significativo è incentrato sulle percentuali di emissione di ammoniaca: la sua origine è legata al 95% al settore agricolo, di cui l’80% è dovuta al bestiame, e l’Unione Europea avverte che si tratta dell’unico inquinante che non sta diminuendo in Europa. Grondacci ha poi messo in risalto come le leggi vengano interpretate solo nell’ottica di favorire gli impianti e non si prenda in considerazione l’impatto ambientale degli stessi.
Al termine dell’intervista Marco Grondacci ha ricordato la storia e l’impegno di Natale De Grazia, l’ufficiale della Marina Militare che ha pagato con la propria vita l’impegno nella difesa ambientale,sulla cui morte misteriosa lo stesso Grondacci, insieme ad altri avvocati, sta tentando di riaprire l’inchiesta.